Il Convento
La storia del Convento degli Agostiniani di Certaldo affonda le sue radici in un periodo di eremitaggio e spiritualità che si intreccia con i grandi eventi religiosi e politici del Medioevo. Sin dall’XI secolo, la campagna attorno al Castello di Certaldo ospitava comunità di eremiti, destinate a trasformarsi in un ordine religioso che avrebbe lasciato un’impronta indelebile sul territorio, evolvendosi tra donazioni, bolle papali e vicende belliche che ne hanno segnato il destino.
Le immagini di seguito sono state generate mediante l’ausilio di intelligenza artificiale.
XI-XIII secolo
Eremiti, Regola Agostiniana e Fondazione dell'Ordine
Sin dall’XI secolo la campagna attorno al Castello di Certaldo ospitava piccoli gruppi di eremiti che, adottando la regola agostiniana, attraverso il silenzio e la solitudine cercavano il proprio itinerarium ad Deum.
Il primo passo verso la fondazione dell’Ordine Agostiniano è sancito dal IV Concilio Lateranense del 1215, quando Innocenzo III, per arginare il moltiplicarsi di movimenti laici spontanei fuori dalle regole canoniche, impose loro di riunirsi in comunità e attorno a un padre priore per affiancare il clero nel ministero pastorale presso la popolazione contadina.
Il passo successivo di questo assetto fu la bolla Incumbit nobis del 1244, con la quale Papa Innocenzo IV esortò tutti gli eremiti della Tuscia Annonaria (attuale Toscana settentrionale) a riunirsi per costituire un unico ordine religioso, allo scopo di evangelizzare i centri abitati e i loro contadi così come era già avvenuto per i francescani che, sulle orme di san Francesco in Valdelsa tra il 1210 e il 1220, fondarono il loro primo convento riadattando un esistente romitorio in località la Marca nei pressi di Castelfiorentino.
Dall’unione di queste congregazioni eremitiche nacque l’Ordine agostiniano, sancito con bolla papale Vota Devotorum datata 23 marzo 1244, con la quale si concedeva ai monaci facoltà di predicare ed ascoltare confessioni e a cui aderirono negli anni seguenti altri eremiti dell’area della Valdelsa, in segno di obbedienza a quanto sancito da papa Alessandro IV con bolla Magna Uno del 1256.


XIV-XVII secolo
Insediamenti, Conventi e Trasferimenti
Passati dall’eremitaggio all’attività di apostolato, gli agostiniani ripararono in sedi più stabili e sicure, insediandosi a San Gimignano, dove il convento entro le mura fu eretto a seguito di una donazione ricevuta dai Mendicanti nel 1271, a Poggibonsi in località Santa Lucia, per poi trasferirsi entro le mura intorno al 1301, e a Colle Valdelsa, dove dal romitorio di Santa Maria Maddalena a Montevasoni i monaci si inurbarono ergendo il convento di sant’Agostino a partire dal 1306.
Il primo insediamento degli agostiniani nel territorio di Certaldo pare sia stato presso un oratorio dedicato alla Maria Vergine con annesso spedalino esistente nel fiorente mercatale di Marcialla, fuori dalle mura del castello di Pogni, avuto in dono nel 1390 da Masa di Tano, a condizione di costruire una chiesa da sottoporre al controllo diocesano. Il convento, sotto la giurisdizione dei fiorentini monaci di Santo Spirito, grazie a laute donazioni elargite come segno di ringraziamento per il loro ruolo caritatevole a favore dei bisognosi, era già completato intorno al 1394 e, nella lacunosa sua vicenda, sappiamo solo che esso fu ampliato intorno al 1550 per l’arrivo di alcuni agostiniani provenienti da Lecceto e che, nel 1575, era sotto la sua giurisdizione la Compagnia dell’Annunciazione.
A seguito della soppressione dei piccoli conventi non autosufficienti con le elemosine, decretata da Innocenzo X con bolla papale del 15 ottobre 1652, i pochi monaci lasciano Marcialla e si trasferirono nel vicino convento agostiniano di Certaldo secondo alcune fonti esistente nella canonica dei Santi Jacopo e Michele a partire dal 1372.
XIV-XVIII secolo
Possesso, Espansioni e Sviluppo
Fonti più accreditate attestano che i monaci acquisirono la chiesa dopo il 1401, possesso legittimato da papa Gregorio XII nel 1408, grazie alla rinuncia del proprio patronato da parte dei Giandonati, atto generoso originato dal rapporto intessuto dalla famiglia con gli agostiniani di Firenze attraverso l’amico Giovanni Boccaccio, il quale con legato testamentario donò la sua «Parva libreria» al suo padre spirituale Martino da Signa, futuro priore del convento fiorentino.
Collocazione e modeste dimensioni, suggeriscono che il convento sia giunto ai giorni nostri secondo il suo antico aspetto, eccetto la demolizione dell’area antistante un tempo occupato dal cimitero, separato dal borgo da un muro dove si apriva il portone di accesso. Sappiamo, inoltre, che dei lavori dovettero essere stati eseguiti per riparare i danni causati dalla presa del castello da parte delle truppe alleate del papa nella guerra contro i Medici nel 1478, quando furono devastati cimitero, portone d’ingresso e chiesa.
È ragionevole credere che, quando i monaci presero possesso della canonica, avviarono i lavori per disegnare un comodo spazio adeguato allo sparuto numero di residenti, tracciato secondo la pianta adottata per i conventi: al piano terra erano distribuiti attorno al chiostro gli ambienti dove si consumava la vita comunitaria (refettorio, sala capitolare, biblioteca, infermeria e cucina); al piano superiore erano le celle, fra cui quelle occupate dai monaci in sosta durante i loro spostamenti da un cenobio all’altro.


Fine Trecento-XVIII secolo
Hospitalia, Pellegrinaggi e Soppressione
In aggiunta a quello presso il ponte Agliena e l’altro dipendente dalla Compagnia della Santissima Annunziata, dalla fine del Trecento sotto il patronato dei monaci ricadeva anche un hospitalia, forse quello individuato in borgo di Fabbrica, dove offrire assistenza religiosa e medica al sempre più crescente flusso di pellegrini e viaggiatori in cammino sulla via francigena di fondovalle, che congiungeva Poggibonsi a Castelfiorentino, XXI tappa di Sigerico, arcivescovo di Canterbury, sulla via di rientro in patria dopo il suo pellegrinaggio a Roma nel 994.
I monaci agostiniani rimasero a Certaldo fino alla soppressione del loro convento con motu proprio del 1783 a firma del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, quando il complesso architettonico con tutto il suo arredo passò all’Arcidiocesi di Firenze, a cui appartiene a tutt’oggi.